Quando l’arte parla al cuore: laboratori di arteterapia per anziani con demenza di Carmela Pizzini
Colori, emozioni e ricordi che si risvegliano: così l’arteterapia entra nelle case di cura per restituire voce e dignità a chi vive con la demenza.
Nelle case di cura per anziani, dove la quotidianità è spesso scandita da silenzi e gesti ripetuti, l’arteterapia si sta affermando come un approccio capace di restituire senso, connessione e benessere. Per le persone affette da demenza, il linguaggio verbale diventa col tempo sempre più fragile. In questo contesto, l’espressione artistica può rappresentare una via alternativa per comunicare, ricordare, ritrovarsi.
L’arteterapia non richiede abilità artistiche né mira a produrre opere “belle” secondo canoni estetici. Ciò che conta è il processo creativo, il gesto che prende forma, il colore che esprime un’emozione, la materia che diventa veicolo di presenza e identità.
I laboratori di arteterapia in casa di cura si svolgono in piccoli gruppi, guidati da professionisti specializzati. Le attività proposte variano dalla pittura al collage, dalla modellazione alla creazione di oggetti con materiali semplici. Talvolta vengono usate fotografie, brani musicali o oggetti del passato per stimolare i ricordi e attivare la memoria autobiografica.
L’ambiente è strutturato per offrire sicurezza e tranquillità, favorendo un’esperienza serena e priva di giudizio. Ogni partecipante è libero di esprimersi secondo le proprie possibilità, senza pressioni né aspettative.
Numerose evidenze, sia cliniche sia esperienziali, confermano gli effetti positivi dell’arteterapia negli anziani con demenza. Si osservano spesso miglioramenti dell’umore, riduzione dell’agitazione e dei comportamenti disturbanti, aumento della capacità di attenzione e della disponibilità al contatto relazionale.
In alcuni casi, l’esperienza artistica sembra risvegliare memorie lontane e suscitare emozioni profonde. Anche nei pazienti con forme avanzate di deterioramento cognitivo, il gesto creativo può riattivare la comunicazione non verbale e la percezione di sé.
Laura, figlia di Maria, un’anziana ospite affetta da demenza senile, racconta con commozione il cambiamento osservato dopo l’inizio dei laboratori nella casa di cura.
“All’inizio non ci credevo. Mia madre da mesi non parlava quasi più. Poi, dopo qualche incontro, è successo qualcosa. Un giorno ha guardato un collage che aveva fatto e ha detto: ‘questa era la mia casa da bambina’. Non lo faceva da tempo. In un’altra occasione, ha dipinto dei fiori rossi e ha sussurrato: ‘li avevo al matrimonio’. In quegli istanti ho ritrovato uno sguardo, un sorriso, un pezzetto di lei che pensavo perduto.”
Per Laura, l’arteterapia non ha curato la malattia, ma ha riaperto una porta. “Ogni disegno era un piccolo miracolo. Anche se per poco, mia madre tornava a esserci.”
L’esperienza di Laura è simile a quella di molti familiari e operatori che assistono a questi cambiamenti spesso impercettibili ma significativi. L’arteterapia, in questo contesto, non è solo uno strumento terapeutico, ma un atto profondamente umano: permette di incontrare l’altro nel suo presente, al di là delle perdite e dei vuoti, attraverso forme nuove di comunicazione.
Integrare laboratori di arteterapia all’interno dei percorsi assistenziali rappresenta una scelta etica e innovativa. È un modo per riconoscere, nella fragilità, la permanenza di un desiderio di espressione, relazione e identità.
In un tempo in cui le parole svaniscono, l’arte continua a parlare. E, spesso, lo fa nel modo più autentico.
CARMELA PIZZINI