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La promessa di Orfeo

“La Promessa di Orfeo”

Rubrica di Poesia diretta da Nino Velotti

10 Febbraio 2019

Luigi Romolo Carrino, la logica del sentimento e il sentimento della logica: il cambio di prospettiva grammaticale in tre liriche dell’autore napoletano.

Narratore poliedrico ma dal forte tratto distintivo, Luigi Romolo Carrino nel suo scrivere in versi si caratterizza per un massiccio utilizzo di anacoluti e per la ricerca di un nuovo senso poetico attraverso il ribaltamento del consueto ordine sintattico e grammaticale. Ciò che è intransitivo diviene in transito e la lingua diventa un corpo martoriato che esprime il sentimento dell’autore in un rapporto logico altro, il quale ineluttabilmente relativizza, relativamente rende ineluttabile il proprio sentire, il sentimento soggettivo dell’oggetto esterno a sé che diventa sentimento oggettivo introiettato. Sentimento d’amore mai appagato e di dolore schizofrenico e al contempo statico, in un desiderio di felicità forse incontrata, non riconosciuta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salmo dell’estate che vinse gli amanti

Tra le onde del fare e disfare

gli amanti distrussero il sonno

sul niente andare de la estate che tornava

per addormentarli tra le chele di un granchio

e ne la conchiglia.

 

E su le rive del male

a uno dei due

girato di spalle certo che no

per nulla tornare nulla soccombere

promise la tiepida notte al tramonto

le ime ninfomanie

dischiuse a le stelle compulsive e disagiate

del dieci agosto di ogni mare e scintillìo.

 

A uno dei due

,nudo e speciale il mare della estate che venne,

venne e suonò la bella morte a mezz’amore

tra gli occhi chiari su per l’inganno

l’inganno innocente del venne l’estate.

 

Poi s’indivise il certo nulla e poi matto uno

a mortificare gli amanti con l’aria

nell’altro

o

l’altro alla mano

,al pezzo di schiena scioccato disse,

disse a un tratto: “non ti conosco, non so se sei forte”.

E venne l’estate. A uccidere il sogno agli amanti.

 

Gli amati gli amanti di un giorno venne l’estate

e li ammazzò come due cuccioli superflui e uno

guardava il tramonto scodinzolando

con le zampe impalate nel cuore e l’altro

un rantolo dedicò all’ultimo quarto di sole

e poi, l’amore.

 (da TempoSanto – Liturgia della Memoria, Liberodiscrivere 2006)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Io dico il sangue

Io dissi il sangue che mi fugge,

pronunciava a fiotti da sopra il costato.

 

Diventai una legge naturale,

il suono di una cosa piccola sulla Terra,

il taglio stesso della bocca mentre

poi il giorno,

le ferite mi trascorrevano sottovoce e

e di me fecero un fatto vivo.

 

Poi un giorno,

con un poco di bene

le cicatrici smisero di guarirmi il tempo

– tutta l’ora del tempo si fece una –

fino a fare di me

una definitiva parte della Quiete.

 

Io dico il sangue che posso.

L’avevo rappreso tutto

– tutto quanto –

nella tua promessa che non mi ha mantenuto.

(da Certi Ragazzi, Liberodiscrivere 2011)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fragile

Non c’è lingua che non parli la tua mia.

I mai d’ossa viene la vita a farci

– fragile per disfarci l’aleph –

farci suono di baci epilettici sulla bocca.

 

So della faccia che fui e mi taccio,

così mi faccio del tuo come che sei.

E viene da sotto, e niente ci capisce,

verisce la ferità, guarisce il mezzo altro tu.

Tu sei quello che non mi sono stato mai.

 

Noi ci conosciamo così molto di Noi,

sappiamo poco di quel tutto tanto

che ci fece gli occhi di metà arrugginiti

e feroci, tanto andavamo via, che dimenticammo.

(da Certi Ragazzi, Liberodiscrivere 2011)

 

Luigi Romolo Carrino nasce a Napoli nel ’68. È laureato in Informatica. Ha esordito in narrativa con due racconti in Men on Men 5 (Mondadori, 2006). Ha pubblicato tre libri di poesia, la raccolta di racconti Istruzioni per un addio (Azimut, 2010), il reportage A Neopoli nisciuno è neo (Laterza, 2012) e ha scritto per il teatro, la tv, la radio. Ha pubblicato i romanzi Acqua Storta (Meridiano Zero, 2008; anche in edizione speciale con allegato CD del recital, La versione dell’acqua), Pozzoromolo (Meridiano Zero, 2009; selezione Premio Strega), Esercizi sulla madre (Perdisa Pop, 2012; selezione Premio Strega), Il Pallonaro (goWare, 2013), La buona legge di Mariasole (Edizioni E/O, 2015), Alcuni avranno il mio perdono (Edizioni E/O, 2017).

Editor, ghostwriter, dirige la collana LGBT Pesci Rossi per la goWare e da poco ha avviato la Kipling, agenzia di servizi editoriali, con Fiammetta Bianchi e Simona Teodori.

 

Le immagini sono di Veronica Vecchione, fotosegnicopie su tele.

 

8 Ottobre 2018

La poesia jazz e l’action painting lirico di Rita Pacilio: tre testi inediti

Personalità poliedrica e trasversale, poetessa, sociologa e anche cantante jazz, il “poetare” di Rita Pacilio è l’originale risultato di un alternarsi tra stato cosciente e stato incosciente nell’investigare lo stato delle cose, soprattutto sentimentali, in una sorta di scat e di action painting lirico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alfredo Troise, “Senza titolo”, acrilico su tela

 

 

*

Non ha potuto portare via niente

nemmeno il nome lasciato sul letto

se fianco o spalla

non resterà molto del suo orecchio

grande, del naso, l’attesa prolungata

quando ama, ama tutti

anche se stesso

quando odia , odia l’abbandono

la prima riga del giornale di oggi

se rivoluzione o saggezza

non ha portato niente da questa parte

mentre fiori d’arancio piegano saluti

affettuosi e cubetti di ghiaccio brindano in aria

se aria o fame

senza la memoria lunga la moglie pensò

niente va bene, niente è come prima

non ha portato via niente

la gabbia intorno al letto è rimasta intatta

tutti dormono

se muscolo o cuore

alza la valigia dal marciapiede e fissa la paura

dalla porta vuota

la mano diventa grande il doppio

e dentro stringe lo sconforto, il torto.

 

*

Dagli occhiali svaporo il declino

quella strana sensazione di essere

alla fermata. Non posso farci niente

se la gelata di febbraio permane sulla fronte.

Quale  padre o quale madre.

L’hai riconosciuta dalle mani

aperte al vento

e ti sei fatto orizzonte stando a guardare

il fumo inclinato delicatamente in avanti.

 

 

*

Come noi, i pomeriggi di marzo assottigliano

mascelle sbadigliando le occasioni da seguire.

Continuiamo a non saperci dire che ci amiamo.

Nessuno, te compreso, ha visto in controluce

la combinazione per consolare le cellule perse

tra un atto e l’aria blu. Le parole, una dopo l’altra

mentre spaiamo calzini e prudenti teorie.

Se unissimo i punti

troveremmo l’infinito lasciato incompiuto

il bacio a tradurre il reale e l’altra faccia.

 

Rita Pacilio (Benevento 1963) è poeta, scrittrice, collaboratrice editoriale, sociologa, mediatrice familiare, si occupa di poesia, di critica letteraria, di metateatro, di letteratura per l’infanzia e di vocal jazz. Curatrice di lavori antologici, editing, lettura/valutazione testi poetici e brevi saggi, dirige per La Vita Felice la sezione ‘Opera prima’. Direttrice del marchio Editoriale RPlibri è Presidente dell’Associazione Arte e Saperi. Ha ideato e coordina il Festival della Poesia nella Cortesia di San Giorgio del Sannio. Sue recenti pubblicazioni di poesia: Gli imperfetti sono gente bizzarra (La Vita Felice 2012) risultato vincitore di numerosi Premi, tra cui Laurentum 2013, è stato tradotto in francese Les imparfaits sont des gens bizarres, (L’Harmattan, 2016 Traduction en français par Giovanni Dotoli et Françoise Lenoir) e per Uet Tunisi la traduzione in lingua araba (a cura del Prof. Othman Ben Taleb), Quel grido raggrumato (La Vita Felice 2014), Il suono per obbedienza – poesie sul jazz (Marco Saya Edizioni 2015), Prima di andare (La Vita Felice, 2016). Per la narrativa: Non camminare scalzo (Edilet Edilazio Letteraria, 2011). La principessa con i baffi (Scuderi Edizioni, 2015) è la sua fiaba per bambini; Cantami una filastrocca è un quaderno operativo per la Scuola dell’Infanzia (RPlibri, 2018). È stata tradotta in greco, in romeno, in francese, in arabo, in inglese, in spagnolo, in catalano, in napoletano.  A marzo 2018 la pubblicazione dei racconti in prosa poetica: ‘L’amore casomai’.

 

 

 

 

19 Settembre 2018

Raffaele Piazza: l’adolescenza eterna e lo specchio dell’inquietudine. Quattro liriche inedite.

 

Raffaele Piazza, noto poeta napoletano in attività da un quarto di secolo, si caratterizza per la sensualità quasi adolescenziale del suo discorso poetico, che spesso rasenta il misticismo e raggiunge una dimensione prelogica, e per il suo lirismo autentico in cui convivono ossessioni e salvezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Covante Covato Coverete”, inchiostro su carta di Simona Mostrato

 

 

 

 

Mirta Amica

 

Se sul farsi della tela

della sera firmamento

infiorato da stelle margherite

ti penso succede ancora

di fotocopiare la felicità

di quando dividemmo

l’innocenza di un gelato

per rinfrescarci le anime.

E la fotocopia può essere

più bella della vita

prima del tuo suicidio,

Mirta, ragazzina di 44

anni dai molti amanti

se tocco il pacchetto

che mi desti, reliquia,

anche se non sei Santa

Mirta (che non esiste

e ti festeggiavano a

Ognissanti). Hai spezzato

me stesso mio col tuo

ammazzarti e ora ti

penso e il pacchetto che

toccasti osservo e mi

pare di rivedere la scena

alla villa quando volesti

€ 5 per avermelo comprato

e me lo desti. Attimi fiorevoli

e tutta prosegue la vita.

 

 

Mirta ancora vicina

 

Anima di luna, tu Mirta

nelle cose aurorali ancora

mi parli e mi dici di non

avere paura. Abbiamo attraversato

il sentiero azzurro della vita

la tua villa faro per me

per la nostra connivenza.

Sei volata via dal terzo

piano della Reggia e hai

aperto in me la ferita.

Ora passano i giorni

senza te e non si ricompone

l’affresco del tempo che nelle

nostre risate si fermava

nella gioia.

Grazie per avermi dettato

questa poesia.

 

 

Mirta dopo quasi un anno

 

Amicizia fiore raro hai ancora

per me dall’oltrecielo ora che

non sei più carne ma solo anima.

Il tuo suicidio mi turba e il giorno

prima ridevi come una donna

ma eri infelice. Poco rimane,

la rivista con la tua grafia bella

e il pacchetto da te toccato

nel cassetto ma, Mirta, ti sento

ancora viva mentre scrivo

e affido al mare del web il messaggio

per te ti voglio bene.

 

 

Mirta nel mio specchio

 

Sei nel mio specchio, Mirta,

campiti i nostri volti

nel vetro che pare infinito.

Ti sei uccisa, Mirta, e non

ci credo e invece è lutto

per la bandiera della mia

vita. Abbiamo mangiato

insieme al ristorante

dei vivi e mi parlavi di

Anne Saxton anche lei

suicida. Dicevi la vita

è bruttissima come una

bambina di 44 anni, Mirta,

donna dei boschi e prigioniera

del tuo film.

 

 

Raffaele Piazza- Napoli 22/12/1963- Ha pubblicato Luoghi visibili (1993) – La sete della favola (1996,) Sul bordo della rosa (1998), Del sognato (2009) e Alessia, 2014.  Ha riportato numerosi premi, per l’edito e l’inedito, in concorsi di poesia (tra i quali la finale al “Lerici Golfo dei poeti”, opera prima, 1993, il terzo posto al “Premio Mazza”,1996 e la finale al “Gozzano”, 1998)   È redattore di Vico Acitillo 124 Poetry Wave. Ha scritto sui Blog Poetry Dream, Rossoveneziano, Bibbia d’asfalto e La Recerche. È collaboratore esterno de “Il Mattino” di Napoli alla cultura. Ha vinto nel 2014 il primo premio al “Premio Michele Sovente” per l’inedito e nel 2016 il “Premio Tullio” la con la raccolta Alessia. Ha curato per Fermenti Editrice le antologie Parole in circuito (2010) e Inquiete indolenze (2017). Ha pubblicato poesie, saggi e recensioni su varie riviste tra le quali “Anterem”, “Gradiva” e “Fermenti”.

 

 

 

18 Luglio 2018

 

L’espressionismo e il sacro: cinque testi inediti di Prisco De Vivo

 

Pittore, scultore e anche poeta, artista multimediale in attività da circa tre decenni, Prisco De Vivo si caratterizza per il taglio neoespressionistico della sua opera e per il suo esistenzialismo trascendente, una ricerca di assoluto sinestetico attraverso colori e parole. Nel corso degli anni ha schiarito i toni della sua tavolozza ed il suo urlo munchiano è divenuto una sorta di canto bizantino, che evoca bellezza perduta e comunica nostalgia del sacro.

 

 

 

 

 

 

 

 

COLETTE

(a Felice Carmine Simonetti)

 

Osservo la bruna foto di Colette.

Mi ricordo di 3.000

stelle luccicanti

e dei suoi occhi.

Da ieri ad oggi

liquide strade di sempre

ci conducono

nel cuore delle incertezze.

Colette,

severa maliziosa puttana,

ti incontro sempre di notte

nello stesso inconfondibile bar.

Cara e Felice,

L’abissale poeta col suo doppio.

 

GLI OCCHI DEL CUORE

(a Lucia Dell’Anno)

 

Dedico le mie fragili parole

agli occhi

di chi conosce veramente il cuore

degli uomini,

alle sue pulite e dolci lacrime

sversate agli asfalti.

Il mio occhio pensa a te,

al suono dei tuoi stenti,

alle tue privazioni.

Ti penso ridente e sofferta,

quando cammino sulle spiagge

e recupero conchiglie sfrangiate

che stringo nel pugno delle mani.

Penso alla stazione fantasma

del paese di mia madre,

a quel treno che non passa mai,

ai cespugli sulle rotaie,

a quel puzzo intenso di pneumatici,

che comunque ti appartiene.

 

CUCIREI  LE  MIE  MANI  AI  TUOI  OCCHI

(a Nunzia)

 

L’iride nasconde

tutti i colori dell’abisso.

Il giallo delle margherite.

il rosso delle steppe

e l’indaco che brucia

nel fondo della tua bocca.

Per dare voce

alla tua dolce malinconia

cucirei le mie mani ai tuoi occhi.

 

LIETA  PRIMAVERA

(a Remo Pagnanelli)

 

Il sangue del gallo

cola copioso

sulla veste monocroma

di fiori svescicati.

L’anima d’amore

di memoria familiare

ritorna nello stomaco

del mio piccolo cane.

Tappeto di carne e peli

che s’infeltrisce

al sole e alla sua erba spocchiosa.

Il vento

è una carezza tiepida

di lanugine,

rinfrange sui miei occhi arrossati.

Lieta primavera,

quella spenta nell’odore

dei colori,

quella spenta dell’amico Remo,

quello mai conosciuto.

Il suo ricordo

si pasce attraverso racconti

di amici poeti,

si dice che con lui sia vissuto

“il senso dell’inappartenenza

ai fiori”, alla carne,

ad una vita infarcita

di delirio.

 

1 Maggio 2004

 

TERESA

(a S. Teresa d’Avila)

 

“Teresa,

il tuo sguardo

è una lunga piega

che scompagina

il manto dell’esistenza.”

Silenzioso,

con talloni squamati,

resterò

nell’auto della genesi;

accoccolato

a lunghe sensazioni inanimate.

Il mio parlare

affetta come lama,

il tuo pensare,

tutto si avvicenda

a quello che l’occhio sorpassa veloce.

“Divenire o viaggiare?”

L’autostrada

a noi

rimane infinita ed eterna.

 

12 Febbraio 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prisco De Vivo, nato a San Giuseppe Vesuviano (Na) nel 1971, vive in provincia di Avellino; è pittore, scultore e si occupa anche di poesia.

Dal 1990 ad oggi ha partecipato a varie attività artistiche ed ha tenuto numerose esposizioni personali e collettive in Italia e all’estero.

Si è interessato di filosofia, teatro e cinema.

Ha collaborato a diverse riviste di arte e letteratura, cartacee e on-line. È stato presente a mostre di poesia visiva e recital poetici, con noti personaggi della cultura e dello spettacolo.

Le sue opere sono conservate in collezioni pubbliche e private.

Ha pubblicato le raccolte poetiche: “Dell’amore del sangue e del ricordo” (Selezione Premio “Pascoli” 2005), Il Laboratorio/Le Edizioni, Napoli, 2004; “Dalla penultima soglia”, Marcus Edizioni, 2008.

Sempre per Il Laboratorio/Le Edizioni ha pubblicato “Segni e parole” (In una notte oscura e uggiosa) lavoro di poesia/immagini a quattro mani con Raffaele Piazza, Napoli, 2006;  “L’oscuro fiore dell’arte” (conversazioni con Enzo Rega e Pasquale Gerardo Santella), Napoli 2007; “Ad Auschwitz”, Napoli 2009.

Sempre nello stesso anno 2009 ha ricevuto per la raccolta “Il lume della follia” il Premio “Minturnae” per l’inedito.

Le sue liriche sono state inserite in diverse antologie.

Di prossima pubblicazione la raccolta di poesie ed immagini dal titolo “Ritratti dall’Anima”.

 

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9 Luglio 2018

 

Astrazione materica ed illusionismo poetico: tre liriche e una poesia visiva di Marisa Papa Ruggiero

Raffinata artista verbo-visuale napoletana in attività da molti anni, si distingue per la fantasia e l’eleganza concettuale del suo gioco poetico.

 

 

Il ponte

 

È un grumo di corde e canne

sospeso tra due istanti

il colore esatto della mano

che lo traccia

la cui materia ha

una fisiologia astrale

la stessa di questa

fame

estratta viva dal corpo

nel punto ad x delle correnti

 

che nel gorgo mi specchia

e t’invio da qui

un sms puoi vedermi

il ragno il grillo campestre sulla spalla

un girevole sole sulla testa

nell’aria secca di strida d’ali

e di naufragi

da qui che seguo

come oca selvatica

la migrazione del mio corpo

altrove

io che perdo sostanza ad ogni passo

 

ma pompo ossigeno nel

disegno avanzante

che ha forma di ponte

 

 

 

Se il libro è un campo…

 

Se il libro è un campo

di mine scoperchiato in asse

col mio corpo, se

ogni sillaba

annaspa stranita ai vetri

e lingue di pioggia danzano

in concerto con il fuoco,

se il camino notturno ringhia

tra le ombre che s’attorcono di fianco

e il silenzio si fa ventriloquo

all’ultimo rintocco, la stanza prende

 

un’inclinazione sghemba

dentro un altro battito ed  è allora

che il libro trova una via d’uscita

e gli oggetti sui piani rompono le righe

e tutto trova posto scodinzolando in corsa

nella borsa del mago che infine

scivola nella crepa del muro

e l’abat-jour si arrende al sonno

e la bufera esce dalla pagina

e il libro smette di leggermi

 

 

 

 

Figurine in punta di grafite

 

Se ancor prima, se adesso,

mi sorprende la stretta ai polsi

del colore dell’iris, del rododendro  squillante

sfuggito alle misure

–  la stretta che conosco –

che mi torce la veste ai fianchi

ed ogni vena è un colore indocile

che trapassa i vetri

e fa saltare ridendo occhielli e lampo

con tutti i tentacoli che ha

e i seni radiosi guizzano

come ombrine sott’acqua,

sarà bello vedere l’ago magnetico

mancare un battito

qui dove siamo,

in questo paesino di suoni

sulla scala infinita di Escher

quasi senza saperlo, ancora.

 

 

Tra righe aperte

 

Così a distanza

ci guardano le cose

in dialogo emorragico tra righe aperte

mentre interrogo e interrogo

l’ombra di te

indicibile

in un palindromo stellare

svariando dribblando

tregue eretiche

ustionate sottolingua

al ritmo sordo di una

litania metafisica

strappata al suono d’un satiro

nel bosco dipinto.

 

Marisa Papa Ruggiero

Scrittrice, artista verbo-visuale, vive a Napoli. Ha pubblicato una decina di libri di poesia, in prosa e alcune edizioni d’arte. Tra i titoli più recenti: Le verità bugiarde,  2009; Passaggi di confine, 2011;  Di volo e di lava, 2013, ed. Puntoacapo;  Jochanaan,  2015, ed. Ladolfi; Un intenso venire, 2017, ed. Passigli; Se questo è il gioco, 2018, ed. Eureka. Collabora con interventi critici in riviste, in rassegne d’arte, in siti web. Suoi testi poetici sono stati rappresentati come eventi scenici in siti archeologici in Campania e in Sicilia. É tra i fondatori di alcune riviste letterarie, tra cui Levania, edita a Napoli. e mail:   m.paparuggiero@gmail.com

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3 Luglio 2018

 

Sensualità e assenza, tre poesie di Antonio Spagnuolo

Storico poeta napoletano, Antonio Spagnuolo da toni piu sperimentali e neoavanguardistici (esemplare il volumetto de “Le stanze” del 1983) è passato a recuperare la tradizione novecentesca in una sorta di neoermetismo caratterizzato da una cifra stilistica e semantica pienamente riconoscibile, in bilico tra sensualità e assenza.

 

Tre liriche di Antonio Spagnuolo

 

“Una strega”

Con gli occhi fissi nel cupo sortilegio

una strega mi affascina , nel silenzio

di queste mura ormai ridotte al nudo.

Ha scomode parole nel corpo lacerato

da pensieri incompiuti , quasi incerto ,

e grida all’improvviso al mio pallore

la selvaggia disfonia  dell’eternità.

Senza storia il cuscino profumato

inghiotte il tremore delle  mani,

oltre ogni promessa , e l’infinito

si aggira contro il tempo , per carezze

della tua pelle delicata nell’incisione del bianco.

Un sottile giogo contorce le mie membra,

quando ritorna primavera inaspettata,

e mi perdo nelle armonie del cielo

per rincorrere il segno delle luci.

Le mani in sospensioni cercano quiete

nel  tempio dell’umido tuo seno.

L’orizzonte marino ha il luccichio

di risacche, quasi un graffio allo schermo

che ripete memorie e dispetti .

Il tuo dire erano sillabe d’oro,

appuntamenti con il  vortice scatenato

della gioventù .

**

“Sesso”

Il suo raggio desiderato era di crine

brillato per me nel crepuscolo,

al confine delle cosce , carne rosata ,

perché legata al ramo come silfide.

La notte pronta al richiamo del sesso

turgido sino al culmine del volo

invoca parole sussurrate

nel luccichio di stelle che primavera adorna.

Sei nuda e tormentata tra le coltri

perché le dita sfiorano le labbra

a cesellare il bacio che scoppia nella nebbia.

L’oblio dei sogni scende lentamente

e tu sei schiava nel segreto porgere

il ventre profumato.

Batte il sangue alle tempie e luccichio

incessante ha fragranze di rose

per me che sono a correre in segreto.

**

“Sogni”

Inghiottiti dal sogno scopriremo l’abisso

che ritorna alle cosce , all’orecchio , alle unghie,

all’insaputa meraviglia della carne.

Tu hai fornace che assorbe al primo colpo

per impazzire anche quando sono ancora

distillato nel diafano narrare delle sillabe.

Di te mi parla il fantasma

che capovolge anche il tempo

e grida al clavicembalo antichi torpori

nell’anonima nebbia di un fragile pretesto.

Inventammo la luna nelle stagioni stranite,

guadagnammo gli specchi

per riflettere il nudo del tuo corpo

e imprigionare i capelli tra i pensieri in fuga.

Filigrana e tremore hanno la sospensione

di mani sempre in cerca dell’umore,

che sconfigge il riverbero dell’impazienza

nell’avida attesa del tuo grembo.

*

ANTONIO  SPAGNUOLO

*

 

 

 

Antonio Spagnuolo  è nato a Napoli il 21 luglio 1931. Ha fondato e diretto negli anni 80 la rivista “Prospettive culturali” , alla quale hanno collaborato firme autorevoli .   Ha fondato e diretto la collana “L’assedio della poesia”, dal 1991 al 2006. pubblicando autori di interesse nazionale come Gilberto Finzi , Gio Ferri , Giorgio Bàrberi Squarotti , Massimo Pamio , Ettore Bonessio di Terzet,  Giliano Manacorda , Alberto Cappi , Dante Maffia e altri . Presente in numerose mostre di poesia visiva nazionali e internazionali , inserito in molte antologie ,collabora a periodici e riviste di varia cultura  –   Attualmente dirige la collana “le parole della Sybilla” per Kairòs editore e la rassegna ”poetrydream” in internet  ( http://antonio-spagnuolo-poetry.blogspot.com ).

Nel volume “Ritmi del lontano presente” Massimo Pamio prende in esame le sue opere edite tra il 1974 e il 1990 .

Plinio Perilli con il saggio “Come l’ombra di una  nuvola sull’acqua” (Ed. Kairòs 2007) rivisita gli ultimi volumi pubblicati fra il 2001 e il 2007. Ha pubblicato numerosi volumi di poesia , quasi tutti premiati. –Fra le ultime segnalazioni: Menzione speciale al premio “Aoros 2017” – Lauro d’oro alla carriera “Premio città di Conza 2017”  , premio “Libero de Libero 2017” – Premio “Le nuvole Bertrand Russell 2017”—-Tradotto in francese , inglese , greco moderno , iugoslavo , spagnolo, rumeno .

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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