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L’amore irrazionale di Marco Fumagalli

Umberto Galimberti nella sua opera “Le cose

dell’amore” (2005) espone la convinzione che l’amore

sia una componente irrazionale dell’animo umano.

Questa considerazione nella letteratura italiana e

greco-latina trova innumerevoli conferme.

Il turbamento sentimentale era infatti ben noto alla

poetessa greca Saffo che descrisse verosimilmente i

trasalimenti, le gelosie e le gioie tipiche degli

innamorati:

“῎Ερος δ᾽ἐτίναξέ μοι / φρένας , ὠς ἄνεμος κὰτ᾽ὄρος

δρύσιν ἐμπέτων” [fr. 47 Voigt]

(Eros mi squassa l’anima, ed è vento/ che piomba sulle

querce in cima al monte).

La degenerazione di questa intensa emozione conduce

talvolta gli uomini a compiere gesti antitetici rispetto

al concetto stesso di amore.

Infatti, l’ “amor” inteso come “furor” è riscontrabile in

Didone. La regina di Cartagine pone fine alla sua

esistenza nel momento in cui Enea è costretto ad

abbandonarla per volere divino:

“Dissimulare etiam sperasti, perfide, tantum/ posse

nefas tacitusque mea decedere terra?/ Nec te noster

amor nec te data dextera quondam / nec moritura

tenet crudeli funere Dido” (Virgilio, Eneide, IV, vv. 305-
308).

(Speravi, o perfido, di poter dissimulare una tale/

infamia, e di allontanarti senza parole dalla mia terra?/

Non ti trattiene il nostro amore e la mano che un

giorno/mi desti, e Didone destinata a morire
amaramente).A

llo stesso modo il sentimento amoroso sfocia in una

tremenda vendetta con la maga Medea, già sposa di

Giasone. Dopo essere stata ripudiata dal marito, l’ira

la conduce fino ad uccidere i propri figli.

Nel corso dei secoli, nella letteratura è perdurata

l’accezione negativa della passione amorosa.

Infatti, nell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, il

protagonista, invaghitosi della principessa Angelica,

perde il senno dopo che l’amata si innamora di

Medoro:

“E poi si squarciò i panni, e mostrò ignudo / l’ispido

ventre e tutto il petto e il tergo; / e cominciò la gran

follia, sì orrenda, / che de la più non sarà mai

ch’intenda”( Ludovico Ariosto, Orlando Furioso, canto

XXIII).

A molti può apparire azzardato l’accostamento

passione amorosa-pazzia dal momento che nella

letteratura svariati passi risultano in contrasto con

quanto affermato finora.

Nell’epica classica un emblema di serena fedeltà

coniugale è Penelope. La moglie di Ulisse, per anni,

resiste agli insistenti approcci dei pretendenti (i Proci)

fino al ricongiungimento con il suo amato sposo.

Nella produzione letteraria italiana i versi che narrano

il sentimento che Dante prova per Beatrice sembrano

segnare una netta cesura con la tesi di Galimberti. Il

sommo poeta sublima la passione terrena per Beatrice

che dopo la morte assume sembianze angeliche.

In questo contesto, tra gli innumerevoli personaggi

della nostra letteratura, è da annoverare la

Mirandolina goldoniana. Essa, con grande lucidità e

scaltrezza, si smarca dai suoi altolocati corteggiatori

per sposare infine un uomo del popolo. Quest’ultimo,

benché con limitati mezzi economici, non limiterà

l’indipendenza della donna.

Tuttavia le ultime citazioni esposte riportano

personaggi reali o verosimili che si sono discostati dal

sentimento amoroso. Infatti, Penelope attende il suo

sposo poiché è la cultura greca che glielo impone. E

Dante stesso nella maturazione del suo amore verso

Beatrice si allontana dalla travolgente passione per

avvicinarsi a Dio. Infine, Mirandolina con la sua

razionalità non compie una scelta dettata dal cuore, in

linea con le qualità della borghesia intraprendente

elogiata dal Goldoni.

È dunque condivisibile la tesi proposta dal noto

filosofo Umberto Galimberti, in quanto “sfugge alla

logica, al buonsenso”.

MARCO FUMAGALLI 

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