Il funerale dal libro inedito “Il vuoto della nave” di Maria Gloria Conti Bicocchi
Davanti alla chiesa dell’Ascensione a Chiaia, mi imbatto in un funerale, uno qualunque, ma a Napoli i funerali sono tutti una celebrazione teatrale, un appuntamento solenne, una mescolanza sacra e profana tra gioia e dolore, tra vita e morte, dove gli astanti parlano ad alta voce soffocando senza ritegno la voce del sacerdote e le sue lodi per la persona scomparsa, ognuno vantandosi di aver conosciuto il caro estinto meglio degli altri e dove tutti si abbracciano l’un l’altro per condividere il rituale del dolore e confermare a se stessi di essere ancora vivi.
Sono cerimonie esagerate, dove l’incenso trasporta nei cieli oltre alle giaculatorie anche il suono delle radio accese, nei bassi dei palazzi del quartiere, che trasmettono incessantemente le canzoni napoletane, nell’irriverenza scaramantica di quel residuo pagano che accompagna sempre il ritmo di questa città, per cui diventa perfino bello sentire, come farebbe Pulcinella, questa musica popolare invadere la piazzetta mentre la macchina funebre sul sagrato aspetta il feretro per l’ultimo viaggio.
Dalla porta spalancata della chiesa emana il profumo marcescente dei fiori recisi che la pervadono tutta.
Il vero spettacolo sono tutte le persone che affollano il sagrato, gli uomini impettiti negli abiti da cerimonia, come degli iettatori, le donne truccate e vestite a festa per farsi notare, ognuna di loro impegnata a esorcizzare la propria vecchiaia che avanza inesorabilmente, come quella di tutti.
Ma ad un funerale questa fatalità diventa più allarmante di sempre, a un funerale bisogna sembrare molto vivi e quindi molto giovani, qualsiasi età si abbia.
Come un’intrusa, mi soffermo per qualche minuto a condividere questo dolore altrui, anche io, come in una recita, entro a far parte delle comparse di questa tragicomica atmosfera che mi ricorda Totò e forse anche Ingmar Bergman, un’atmosfera che, proprio come l’amata Napoli, è ironica e tragica, lucente e oscura anche di fronte a questa morte scongiurabile solo dalla farsa che ritroverà, al ritorno dal cimitero, ancora tutti riuniti nel tradizionale rito del consolo, l’opulento buffet che la famiglia della persona scomparsa preparerà per gli invitati, per festeggiare non tanto chi non c’è più ed è ormai fuori gioco, ma la fortuna di non essere loro ad essere morti.
E’ la cerimonia stessa a farsi spettacolo per esorcizzare l’irrimediabilità della fine di tutti.