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Brevi Note sul Materialismo Storico di Alfredo Lama

Tratto dal Saggio “Da quando si è spenta la stella” di Alfredo Lama Libertà Edizioni

 

Marx nel 1857 in Per la critica dell’economia politica aveva indicato nel rapporto struttura-sovrastruttura una dipendenza organica di quest’ultima alla prima, legando ai rapporti di produzione la realtà storica. Marx intendeva dire che l’immensa sovrastruttura ossia le idee politiche, sociali, economiche ed estetiche altro non erano che il riflesso dei rapporti di produzione e a tale riflesso tutto il sapere come sovrastruttura si poteva ridurre e in qualche modo dedurre.
Lenin in Materialismo ed empiriocriticismo ribadiva l’analisi di Marx e riconosceva validità alla teoria del riflesso. Questo non nega che la sovrastruttura abbia un suo ruolo ed una sua importanza nella promozione del pensiero, in quanto i rapporti di produzione, che sono la struttura, sono influenzati e condizionati dalla realtà materiale e a loro volta, in qualche modo, sono il prodotto dell’influenza della sovrastruttura; rapporto dialettico tra struttura, sovrastruttura e rapporti di produzione.
Engels nell’Anti-Dühring si dilunga nel descrivere la relativa autonomia della sovrastruttura ricordando come nel modo di produzione asiatico e nella società schiavista sorgano le idee delle società divise in caste e della schiavitù, cosa questa non possibile nella società capitalista che sviluppa le idee dell’individuo e della persona. Engels ricorda come anche il Cristianesimo nasca come rivolta contro il modo schiavista di produzione ma poi, proprio in funzione della relativa autonomia della sovrastruttura, il Cristianesimo può essere di volta in volta ideologia del modo di produzione feudale ed anche capitalista. La filosofia marxista ha approfondito il tema in varie parti della sua elaborazione, ricordiamo il sovietico Ilienkov che in Dialettica dell’astratto e del concreto nel Capitale di Marx ricava dalla struttura logica del Capitale le categorie logiche fondamentali della gnoseologia e del principio della realtà. Il concetto stesso di giustizia è stato oggetto dell’opera di Marx Critica alla filosofia hegeliana del diritto pubblico (1844) e dei Manoscritti economico-filosofici dello stesso anno. Per scendere dall’empireo delle categorie universali e astratte, per calarsi nel ruolo concreto della giustizia e degli strumenti di controllo sociale occorre ricordare come, per Marx, la giustizia non esista come categoria universale ma sia dipendente dagli interessi di classe che essa, dunque, difende nell’ambito della società capitalista come in tutte le società divise in classe, nelle quali la giustizia non è posta come ideale universale ma come concreto interesse delle classi sfruttatrici.
Il marxismo ha insegnato a svelare la natura della giustizia e dei suoi corpi esecutivi – magistrati, burocrazia, polizia – e questo va contro tutta l’ideologia democratica che, invece, vede nel giudice e nella giustizia i migliori difensori degli interessi delle classi subalterne. Dunque, nella giustizia si rivela la sua natura di tutela degli interessi della borghesia e della natura antagonista degli interessi di classe difesi. Questo vale per giudici democratici, sceriffi, assessori e sindaci. Siamo quasi, forse, alla vigilia di un giudice Presidente del Consiglio – migliore, comunque, di un miliardario lontano dai problemi del popolo che racchiudendo potere economico e politico diventa invulnerabile.
Non si vogliono disconoscere i meriti dei magistrati che con rischio della vita combattono – anche se è la fatica di Sisifo – quel grave fenomeno che è la mafia in tutte le sue denominazioni e che non è possibile debellare finché il sistema economico è quello capitalistico.

ALFREDO LAMA

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