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Gabriele Varriale “il coraggio della giovane poesia” di B. Theo Di Giovanni

Chi sono i Poeti? Una domanda che ha una vastità di risposte, soprattutto da chi intende far poesia senza quelle gocce essenziali di vissuto che permettono di entrare nel cosmo poetico. Bisogna vivere ciò che scorre dentro le vene, e soprattutto essere capaci di portare le proprie esperienze al livello della poesia.

Penso che la consona risposa al quesito sia: “Scrivo perchè ho qualcosa da dire al mondo”, che non è sempre poesia, a volte sono sfoghi personali che sono lontani dalla essenza della parola. Il Poeta prima di tutto legge gli altri, studia il significato del vocabolo, e poi unisce la sua ispirazione a l’arte della “poiesis”, una pagina di diario, per quanto possa essere bella, non è mai poesia, mai prosa, è possibile che lo diventi attraverso lo studio dell’architettura poetica, utilizzando vocaboli che possiedono, non la base essoterica, ma quel soffio celato che il lettore acuto ne comprende l’entimema, cioè, secondo la logica di port- Royal, perfezione nello spirito, imperfezione nella espressione, ed è questa stessa imperfezione, che rende il poeta sempre alla ricerca di vocaboli che abbiano anche un impatto visivo, tale che la mente ricostruisce secondo la propria esperienza, l’apice e la conclusione del componimento.

Il poeta è IMPERFETTO anche  per due motivi, da un lato il movimento che spinge alla ricerca della perfettibilità quasi mai raggiungibile, dall’altro lato, è il verbo indicativo, che relegandosi ad una azione “che avveniva”, evoca la memoria, sollecita il ricordo che ha lasciato il segno, e siccome la poesia è sempre eco di qualcosa,  dunque  questo tempo è utilizzato con finalità descrittive, iterative, oniriche e ludiche, narrative, conative, e soprattutto desiderative.

Questi tre componimenti, esprimono verosimilmente la desideratività di questa giovane anima,  che pregna della passione poetica, cerca di oltrepassare il confine tra Io e Sé, aiutandosi con gli elementi a sua  disposizione, ma con la speranza di raggiungere quel territorio delle muse, che potenzialmente, a mio parere, vedo già un arbusto imponente.

Attendiamo  trepidanti la sua prima pubblicazione, in questa sede cercheremo di entrare dentro il puro messaggio dei suoi scritti.

 

“VIRUS”

Lì, nella zona più nera degli occhi,

sfamami come un povero,

nutrimi come un feto,

colma le mie menomazioni emotive.

 

Ora lo sento!

Sento il sesso del mondo

inseminare le mie ferite,

a Gennaio farò provviste di febbri,

per l’annata intera.

 

Falsi anticorpi, diavoli!

accomodati fra gli organi,

complottano sul mio possesso.

 

Non sanno che

quel Santo dell’Amore,

ha già esorcizzato i miei versi.

 

 

 

“SICUREZZE”

 

Il pavimento è una pozza,

perché un tetto non l’ho mai voluto.

 

Gli alberi baciano queste mura,

la natura sa ancora eccitarmi.

 

Ed il sangue si farebbe pietra

se incontrassi quel padre.

 

Corro per seminare l’abbandono,

ho un punto interrogativo nel seme.

 

 

“GIOIA”

 

A caccia di Gioia

levito sull’acqua scura,

lindo il mio riflesso

 

Intento a rapire tutti i delfini

ai mari non meritati

 

Voglio catturare la Gioia

e se m’evita,

accontentarmi dell’idea.

 

Perquisisco i contenuti,

tremendo come il frutto del macrocosmo,

domani darò vita ad una perla

d’un nembo offuscante.

B. THEO DI  GIOVANNI

 

 

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